Martina Agarici
Il gomito del “non tennista”
Il gomito del golfista, il gomito del tennista, la spalla del lanciatore, il ginocchio del saltatore..sentiamo comunemente queste associazioni, in quanto in ogni sport ci sono dei distretti maggiormente stressati e predisposti ad infortunio.
Da ex tennista agonista, posso confermare che il problema al gomito è una bella "gatta da pelare", infatti mi si è manifestato circa all'età di 12 anni e mi ha dato filo da torcere, tra una recidiciva e l'altra, per quasi un anno e mezzo. E' senza dubbio uno dei distretti più coinvolti nel tennis.
Le statistiche indicano che più della metà dei tennisti prova dolore laterale di gomito e in quasi tutti i casi, è provocato dalla tendinopatia dei muscoli dell'avambraccio. Per entrare nel dettaglio tecnico, sono soprattutto l'estensore radiale breve del carpo e l'estensore comune delle dita, poiché sono quelli più utilizzati nelle azioni di presa e rotazioni dei colpi TENNISTICO.
Ma una statistica così alta nel tennis non ci stupisce, se pensiamo ad esempio a quanta potenza serva a Federer per sferzare il suo fenomenale rovescio ad una mano! Al contrario invece, ci sconcerta un pò di più sapere che in una popolazione di adulti tra i 30 e i 64 anni, circa il 40% può andare in contro allo sviluppo di una tendinopatia laterale al gomito. Ed è un disturbo che si affeziona al suo ospite! Infatti circa la metà dei pazienti che si rivolge al proprio medico di base, riferisce pochi miglioramenti ad un anno dall'esordio e addirittura circa il 20% riporta sintomi dai 3 ai 5 anni.
Purtroppo, sappiamo che non è una patologia che si risolve sempre da sola. Se non si interviene nel modo giusto, può peggiorare molto la qualità della vita, inficiare sugli hobbies e sulle attività lavorative. La condizione può provocare molto stress e malessere; infatti, siccome è coinvolto quasi sempre l'arto dominante, si prova dolore in tantissime attività quotidiane, come versare l'acqua in un bicchiere dalla bottiglia, girare le chiavi nella serratura, lavarsi i denti e via dicendo..
Le persone più a rischio sono i lavoratori che maneggano carichi pesanti, infatti quasi il 20% di essi ne può essere affetto. Ne soffre anche chi esegue movimenti ripetitivi e precisi con piccoli carichi, per molte ore al giorno.
Mi duole dovervi dire che questi dati riguardavano solo uno dei possibili responsabili di dolore laterale al gomito, cioè il tendine. Purtroppo, anche per esperienza quasi decennale coi pazienti, posso affermare che il dolore laterale al gomito sia una delle situazioni più sfidanti e difficili.
Ogni volta in cui mi trovo davanti a questa situazione, devo azionare le mie armi migliori da "Fisiodetective" , per ispezionare tutte quelle strutture, anche lontane dal gomito, che possono provocare "l'epicondilalgia". Da ora in poi userò questo termine, anche se nel gergo comune si sente parlare di "epicondilite", benchè quest'ultimo non sia proprio corretto del tutto.
Infatti, epicondilite significa infiammazione a carico dell' epicondilo, che è quella zona ossea sul braccio dove si inseriscono molti muscoli della loggia posteriore dell'avambraccio. In realtà non ci troviamo quasi mai di fronte ad una vera e propria infiammazione, in quanto si riscontrano raramente delle cellule infiammatorie a livello locale, se non nelle primissime fasi dell'esordio della patologia.
Epicondilalgia invece, indica in maniera generica, un dolore nella zona dell'epicondilo. Ovviamente questo termine non indica una diagnosi. A fronte delle numerose strutture che possono provocare dolore in quella zona, deve essere il Fisioterapista a risalire alla fonte principale e al meccanismo del dolore, al fine di inquadrare il quadro clinico preciso che sta alla base del problema.
Durante il primo livello del Maitland, che è un corso di specializzazione post laurea in Terapia Manuale, abbiamo affrontato tra le varie tematiche, anche il dolore laterale al gomito. Mi ricordo di essere rimasta stupefatta, quando mi mostrarono una tabella, contenente la maggior parte delle strutture del corpo che possono far provare dolore proprio in questa zona. Ne elenco giusto qualcuna:
-a livello locale: Muscoli Estensore comune delle dita, Estensore radiale breve del carpo, Supinatore, Anconeo, Brachioradiale, Nervo Radiale e Muscolocutaneo, Articolazioni omero-radiale, radio-ulnare, radio-anulare
-a distanza: Muscoli scaleni, SCOM, Pettorali, Tricipite, Sovraspinato, quinta e sesta vertebra cervicale, dalla prima alla nona vertebra toracica, dalla prima alla nona costa, Radici nervose di C5,C6,C7, Dura Madre, oltre a Fasce, Arterie, Vene, Borse..
Non sono solo le strutture, locali e a distanza, che devono essere passate al setaccio; è fondamentale anche capire il meccanismo che sta provocando o mantenendo il problema. Ad esempio, possiamo riscontrare un'instabilità a carico dell'articolazione coinvolta, una Tendinosi, una patologia artrosica, un intrappolamento del nervo, un'ernia cervicale, una limitazione in rotazione di spalla, una debolezza al polso..
Mi rendo conto che in prima battuta, per chi sta leggendo, questa spiegazione possa gettare un pò di confusione e creare sconforto. Al contrario però vorrei far passare il messaggio dell'importanza che ha una diagnosi fisioterapica precisa ed accurata, eseguita nelle primissime fasi in cui si inizia a trattare il problema, perchè in base a quella, il percorso terapeutico e la prognosi cambiano in maniera radicale.
Io credo che la frequente formulazione della classica diagnosi di epicondilite, possa generare un iter terapeutico standardizzato e non sempre preciso, che a volte porta ad allungare o rallentare la guarigione oppure a non centrare l'obiettivo in maniera diretta.
Un fattore che spesso fa sbagliare le diagnosi, sta proprio in quella batteria di test usati dai clinici, che possono dare risultati positivi, non solo se è coinvolto il classico tendine, ma anche se è interessata l'articolazione o il nervo, magari compresso a livello cervicale... per cui all'inizio, occorre impiegare tempo e scrupolo, per combinare un insieme di test e di valutazione di numerose strutture, anche di distretti distanti dal gomito, e assieme all'anamnesi formulare una diagnosi fisioterapica precisa.